Che cos'è un "bel" film?  Alcune risposte ad una domanda impossibile

Prima parte: Cosa nascondono i "gusti" individuali?

 

Luciano Mariani
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Introduzione

Cerchiamo di spiegare il paradosso nel titolo di questo lavoro. Come si possono fornire delle risposte ad una domanda "impossibile"?

Cos'è un "bel" film"? è di fatto, intuitivamente, una domanda che non ammette risposte chiare ed esaustive, poichè il concetto di "bellezza" è intrinsecamente legato alla percezione e al giudizio di chi guarda, dunque un'idea totalmente soggettiva. "Beauty is in the eye of the beholder", recita un proverbio inglese, traducibile come "La bellezza sta negli occhi di chi guarda", per cui ciò che è "bello" per una persona può non esserlo affatto per qualcun altro. "Al cinema, il film è sempre lo stesso. Sei tu che sei diverso": questa scritta compare all'ingresso del Museo Interattivo del Cinema di Milano, con il corollario che ci sono tanti giudizi sullo stesso film quanti sono gli spettatori. Dunque, che senso ha chiedersi che cosa sia un "bel film"?

"Mi è piaciuto molto. E' proprio un bel film." - "Non mi è piaciuto per niente. Un film orrendo."

Questi due giudizi estremi formulati da persone diverse nei confronti dello stesso film meritano di essere esaminati più da vicino, poichè fanno riferimento a ordini di fattori molto diversi.

Nella Prima parte di questo lavoro partiremo dai gradi di "piacere" che un film può offrire come indicatori delle reazioni personali che esso provoca nel singolo spettatore - focalizzeremo dunque il "gusto" individuale. Ma se "i gusti non si discutono", come verrebbe subito da dire, è interessante esplorare cosa si annidi sotto e dietro l'etichetta molto ambigua del "gusto": scopriremo così, da un lato, il "bagaglio individuale" di conoscenze, competenze, convinzioni, valori, motivazioni con cui ogni singolo spettatore affronta la visione di un film, e dall'altro, i contesti e le situazioni in cui avviene questa visione, cioè il suo carattere sociale. Questo ci porterà a considerare i fattori che condizionano l'approccio personale ad un film (e la sua valutazione): le motivazioni dietro la scelta di un certo film, l'uso che ogni spettatore fa delle informazioni trasmesse dal film, e le corrispondenti aspettative che vengono generate. Vedremo così come lo stesso film possa essere vissuto e "goduto" in molti modi diversi da spettatori diversi.

Nella Seconda parte torneremo alla formula del "bel film". Un "bel" film rimanda a qualità possedute o meno dal film, qualità che possono essere descritte cercando di identificare dei criteri di giudizio, ad esempio l'originalità della storia, la coerenza della narrazione, la capacità di emozionare o di far riflettere. Criteri di questo tipo possono essere utilizzati per argomentare il valore di un film, cioè per confrontare e discutere con strumenti di carattere "normativo" i diversi giudizi che si possono dare sullo stesso film: non si tratta, evidentemente, di formulare un giudizio oggettivo e definitivo, quanto piuttosto di arricchire l'analisi di un film con una discussione che, anche se non destinata a produrre un'unanimità di vedute, può dimostrarsi molto fruttuosa per gli elementi che permette di mettere in luce.

Infine, nella Terza parte, ci chiederemo quali siano i meccanismi mentali che ci fanno piacere o meno un film, partendo dal fatto che, in quanto spettatori, siamo portati ad attribuire alle immagini e ai suoni (e quindi, al regista) delle intenzioni più o meno esplicite e consapevoli. I film possono essere molto diversi a seconda dei significati e delle emozioni che sembrano voler trasmettere, e lo spettatore gioca un ruolo attivo nell'interpretare i modi in cui il cinema, attraverso i suoi "linguaggi" (diretti o indiretti, come le analogie e le metafore) stimolano la sua mente, il suo cuore e, in definitiva, tutto il suo corpo.

Queste tre prospettive (le differenze individuali di cui sono portatori i singoli spettatori, i criteri di analisi di un film e i meccanismi mentali attraverso cui gli spettatori attribuiscono un certo valore alle immagini e ai suoni) non sono in antitesi tra loro, ed anzi possono interagire in modo positivo, permettendoci di arricchire le nostre esperienze di visione con una varietà di elementi che, se non ci porteranno a dare una risposta univoca e universalmente accettabile alla domanda "impossibile" Cos'è un "bel" film?, ci offriranno molti spunti di riflessione per comprendere i fattori in gioco e, volendo, anche per argomentare le nostre opinioni, al di là di affermazioni superficiali su ciò che ci è piaciuto o meno, con un grado maggiore di oggettività e di consapevolezza.

"Occorre saper apprezzare ciò che non ci piace" scrisse il compositore francese Gabriel Fauré (Nota 1), e questa sua affermazione può diventare la guida del percorso che ci apprestiamo a compiere: se è importante capire perchè ci piace qualcosa, ancora più produttivo è fare lo sforzo di capire ciò che non incontra il nostro gusto - perchè apprezzare un film, al di là delle nostre reazioni più istintive ed "epidermiche", arricchisce la nostra esperienza di spettatori, di cittadini, di esseri umani.

"Assoggettare il gusto del cinema a criteri scientifici-oggettivi o trasformare la critica in scienza irrefutabile, è come cercare la formula chimica dell'amore o il sesso degli angeli: impossibile e non necessariamente desiderabile" (Nota 2)

Dunque, cercare di capire senza pretendere di spiegare (o, peggio, di giudicare senza appello ...).


Parte prima: Cosa nascondono i "gusti" individuali?

1. Il "bagaglio personale" di ogni spettatore e le aspettative individuali

Ogni spettatore si avvicina ad ogni esperienza di vita, compresa dunque l'esperienza della visione di un film, con un bagaglio personale fatto, da un lato, di conoscenze, esperienze, competenze, e dall'altro, di convinzioni, atteggiamenti, valori, motivazioni. Al cinema, questo bagaglio personale è fatto di
- conoscenze: sia ciò che si sa già rispetto al singolo film (ad esempio, per aver visto delle pubblicità o dei trailer o per aver letto o ascoltato delle notizie o delle recensioni), sia ciò che si sa rispetto al cinema in generale (ad esempio, chi è il regista, chi sono gli attori/le attrici, a che "genere" il film  sembra appartenere, a quali altri film si può ricollegare ...);
- competenze: il grado delle proprie capacità critiche, la misura in cui si sa comprendere vari aspetti del "testo" filmico (ad esempio, saper interpretare certe scelte fatte nel film riguardo ai movimenti della macchina da presa, al montaggio, all'uso del colore o della musica ...);
- convinzioni, atteggiamenti, valori: ciò che si pensa di e come si giudica un film (ad esempio, in base all'opinione che si ha delle posizioni politiche del regista, dei temi trattati, dell'influenza che il film può avere sugli spettatori ...);
- motivazioni: i bisogni che il film può soddisfare, le gratificazioni che può offrire, e in ultima analisi i motivi per cui si sceglie un certo film e dunque gli usi diversi che si possono fare dello stesso.

Questo insieme di fattori condiziona il modo in cui ci si avvicina alla visione, determinando le aspettative al riguardo di un film. Le aspettative sono un elemento cruciale, poichè creano il "terreno" in base al quale, all'inizio, durante ma soprattutto al termine della visione, si giudicherà il significato e il valore del film per se stessi: quanto il film ha soddisfatto i miei bisogni (cognitivi ed affettivi)? Mi sento gratificato o frustrato? Il film ha risposto ai motivi per cui l'ho scelto e all'uso che ne ho inteso fare? Sono domande che il più delle volte uno spettatore non si fa consapevolmente (quanti spettatori entrano in un multisala senza nemmeno aver deciso che film sceglieranno?), ma che agiscono in profondità nell'esperienza della visione, e che spesso riaffiorano nei commenti e nelle discussioni dopo la visione: Mi aspettavo ... e invece ... Mi ha lasciato indifferente ... E' proprio quello che ci si può aspettare da questo regista ... E sempre in base alle aspettative si possono spiegare le reazioni di spettatori diversi rispetto allo stesso film.

Nei confronti di Leoni per agnelli (il cui titolo è stato inteso come una metafora per descrivere polemicamente il concetto di eroici soldati agli ordini di comandanti inetti) è possibile sentir dire: E' un film con Tom Cruise ... E' un film di Robert Redford ...  E' un bel film di guerra ... E' un film della tipica tradizione "liberal" americana ... E' un'altra prova superba di Meryl Streep ... Mi ha emozionato ... Mi ha fatto riflettere sull'eterna questione della guerra ... Chiaramente, chi fa queste affermazioni dimostra di possedere (o meno) certe conoscenze e competenze, di valutare (positivamente o meno) i valori espressi dal film, di sentirsi (o meno) gratificato dall'uso che le/gli è stato possibile fare del film: sono comunque affermazioni che rimandano alle aspettative e al "bagaglio personale" di ogni singolo spettatore.


Leoni per agnelli/Lions for lambs (Robert Redford, USA 2007)

Approfondiremo l'analisi dei fattori che possono indurre uno spettatore a scegliere, ad interpretare e ad apprezzare un certo film nella Parte seconda di questo lavoro. Ma prima è necessario completare la nostra introduzione alle aspettative individuali con un doveroso richiamo agli aspetti sociali dell'esperienza della visione di un film.

2. L'aspetto sociale: le situazioni e i contesti della visione

Nonostante il proliferare delle piattaforme di streaming, che permettono una visione "casalinga" dei film, l'esperienza della visione in una sala cinematografica rimane l'esperienza più autenticamente vicina allo spirito con il cui il cinema è nato e si è sviluppato nel corso della sua storia. La visione di un film in una sala è stata per lungo tempo l'unico modo di fruire di questo mezzo di comunicazione, che si è pertanto configurato subito come esperienza, oltre che individuale (su cui abbiamo riflettuto nella sezione precedente), anche sociale: condividere con altri spettatori la visione di un film costituisce tuttora un fattore importante, che condiziona sia le nostre aspettative, sia il modo in cui percepiamo e interpretiamo ciò che vediamo e sentiamo, sia il nostro giudizio finale sul film. Il pubblico di una sala cinematografica reagisce alla visione non solo come somma delle reazioni di tutti i singoli spettatori, ma anche come "corpo sociale" che manifesta in vari modi le sue risposte cognitive e, soprattutto, emotive: ad esempio, con una risata collettiva di fronte ad un episodio comico, con un sussulto di fronte ad una svolta drammatica della storia, e perfino con un silenzio quasi "innaturale" di fronte a momenti di suspense che tengono "con il fiato sospeso". Sentire gli altri che ridono (o che piangono!), che commentano, che trattengono il fiato, ci induce a provare le stesse sensazioni o ad accentuare quello che già proviamo. Quando i fratelli Lumière presentarono uno dei primi loro filmati ad un pubblico pagante, L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, gli spettatori furono terrorizzati dall'avvicinarsi del treno sullo schermo, e qualcuno cercò persino di mettersi in salvo ... tale era l'impatto del nuovo mezzo visivo su una platea amcora "vergine". Con il tempo gli spettatori si sono abituati a ben altro, ma quando Hitchcock mostrò, nella famosissima scena della doccia in Psyco, il brutale assassinio della protagonista, gli spettatori sobbalzarono sulle poltrone con grida terrorizzate, che amplificavano i suoni agghiaccianti della sequenza e la corrispondente colonna sonora di Bernard Herrmann - un esempio classico di fusione tra l'input audiovisivo fornito dallo schermo e l'output della comunità di spettatori che reagiva quasi "all'unisono" di fronte a questi stimoli straordinari. Le reazioni di chi è seduto accanto a noi sono dunque fondamentali perchè condizionano le nostre stesse reazioni.

 
L'arrivée d'un train en gare de La Ciotat (Lumière Brothers, France 1896)

 
Psyco/Psycho (Alfred Hitchcock, USA 1960)
Sappiamo anche come gli stessi gusti personali siano condizionati dai pareri delle persone che ci sono vicine: ad esempio, possiamo tendere ad amare un film che è piaciuto al nostro partner, e il confronto e la discussione con altri, in particolare con persone che stimiamo, possono illuminarci sul valore di un certo film, o possono anche farci cambiare idea. I gusti individuali, insomma, si formano anche tramite la condivisione di esperienze con altri. Allo stesso tempo, questi gusti personali possono anche non coincidere con le opinioni dei gruppi di cui facciamo parte: a tutti è capitato di constatare un divario tra le idee che esprimiamo liberamente in gruppo di amici, e quelle che ci si aspetta da noi, ad esempio, da parte dei nostri insegnanti o di altre figure più o meno "istituzionali". Più in generale, comunque, i gusti personali sono un forte fattore di coesione all'interno di un gruppo: possiamo così sentire di appartenere ad un certo gruppo perchè amiamo un certo tipo di film (ma anche il contrario: amiamo un certo tipo di film perchè apparteniamo ad un certo gruppo ...).

Proprio il confronto con altri sullo stesso film può darci la misura delle differenze personali e, quindi, della relatività dei giudizi e delle opinioni. E' sempre interessante e istruttivo capire perchè un certo film è piaciuto o meno, quali argomenti vengono portati a difesa del proprio giudizio, e quali reazioni ha provocato in spettatori diversi. Se una persona ci dice che un certo film l'ha fatta riflettere, o l'ha commossa, o l'ha resa felice, e che quindi per lei è "un bel film", quando per noi lo stesso film è stato semplicemente di una noia mortale, dobbiamo probabilmente arrenderci all'idea che il rapporto film/spettatore può declinarsi in tanti modi differenti. Inoltre, dobbiamo tenere presente che, se un film non ci è piaciuto, abbiamo la tendenza ad attribuire al film stesso la ragione di questo "fallimento" (e non al nostro personalissimo bagaglio culturale e psicologico): la teoria delle attribuzioni causali, infatti, spiega come gli esseri umani tendano ad attribuire la ragione di un proprio "fallimento" a cause esterne piuttosto che a se stessi (e, a specchio, ad attribuire a se stessi la ragione di un proprio successo)(Nota 3). Ma può succedere anche il contrario: di fronte ad un film che non è stato di nostro gradimento, possiamo magari attribuirgli qualche lato positivo giusto per giustificare la nostra esperienza (cioè per diminuire la sensazione negativa di aver sbagliato a scegliere o di aver sprecato il proprio tempo e i propri soldi - proteggendo, tra l'altro, in questo modo anche la propria autostima).

Anche la situazione in cui ci troviamo quando decidiamo di vedere un film condiziona le nostre scelte al riguardo: non a caso i siti, i blog, le chat, i podcast su Internet sono pieni di consigli e suggerimenti per la scelta di un film a seconda, per esempio, della stagione, dell'ora del giorno, delle persone con cui si decide di guardare il film, dell'occasione particolare che stiamo vivendo, e di mille altri fattori contestuali: così ad ogni film vengono associate "etichette" (tags) che identificano il film "giusto" per una serata romantica, per un incontro galante, per una festa di compleanno ... e il film più "adatto" ad essere visto da soli, in coppia, con un gruppo di amici, insieme ai bambini ... quando si è stanchi, felici, tristi, ansiosi ... Questo sistema di "etichettatura" (tagging) permette nel contempo di creare liste di film per ogni occasione: abbiamo così "i 10 film da vedere a Natale", "i 20 film da non mancare durante il lockdown pandemico", "i 15 migliori film da vedere con il vostro cane" ... e così via. Le informazioni raccolte dalle piattaforme di streaming circa le nostre scelte vengono poi elaborate da appositi algoritmi che ci suggeriscono ulteriori film da vedere, nella presunzione che se avete amato un film di tipo X probabilmente amerete anche un film di tipo Y ... Dunque l'aspetto sociale dell'esperienza della visione rimane importante, non solo per la visione in una sala cinematografica (la grande maggioranza degli spettatori va al cinema insieme a parenti o amici), ma anche per quella visione "domestica", apparentemente "privata", costituita dal noleggio o dall'acquisto di film in streaming.

 
8 film che ti migliorano la vita (scopri come) - da YouTube

 
I fattori contestuali che ci fanno piacere (o meno) un film possono poi cambiare nel tempo: non è infrequente scoprire che un film che a suo tempo abbiamo adorato ci risulta noioso o insignificante qualche anno dopo (o il contrario). In questo caso, possiamo anche cadere nella tentazione di credere che sia il film ad essere cambiato, e non noi. Certamente l'enorme disponibilità di prodotti audiovisivi che caratterizza le nostre società multimediali/digitali ci induce a "fare esperienze" di cose nuove e, col tempo, questo influisce sulla formazione e il cambiamento dei nostri gusti - che sono così in costante evoluzione. Questa evoluzione viene accelerata dai veloci progressi tecnologici (e culturali), al punto che se un tempo, e fino a non molti decenni fa, le generazioni di spettatori cambiavano ogni venticinque anni, oggi cinque anni, e forse meno, sono sufficienti per identificare sempre nuove tendenze, nuovi valori, nuovi "gusti".

3. I fattori che condizionano l'approccio personale ad un film (e la sua valutazione)

Riprendiamo quanto già citato nella Sezione 1, ossia le motivazioni che spingono una persona a scegliere un certo film, l'uso che questa persona può effettivamente fare delle informazioni audiovisive trasmesse dal film, e la generazione di corrispondenti aspettative. Gli approcci individuali ad un singolo film, e al cinema come esperienza nel suo complesso, sono di moltissimi tipi, che qui riassumiamo, con due importanti considerazioni preliminari: che questi approcci non sono necessariamente consapevoli, e che ogni spettatore può mettere in campo più di un approccio simultaneamente (Nota 4).

L'evitamento della noia, il bisogno di evasione: è forse l'approccio più generico, e corrisponde senza dubbio ad una necessità comune. Strettamente correlata è la ricerca di sensazioni, che consente alle persone, attraverso l'accesso ad emozioni, di dimenticare le loro preoccupazioni quotidiane ricorrendo a media facilmente disponibili (non solo e forse non principalmente il cinema, ma anche la televisione e, sempre più, l'uso di Internet), e persino, oltre a questo, di evitare sentimenti negativi su se stessi accedendo a contenuti mediatici che consentono esperienze personali più positive. La ricerca di sensazioni può implicare la ricerca di eccitazione (ad esempio attraverso film violenti o erotici o horror), che, tuttavia, possono essere vissuti in modi diversi e a livelli diversi dalla stessa persona nel tempo: questo significa che ogni individuo cerca di raggiungere il proprio livello ottimale di eccitazione. Inoltre, i sentimenti negativi generati, ad esempio, da un film horror o di suspense, possono alla fine portare a emozioni positive una volta che gli eventi spaventosi lasciano il posto ad un lieto fine. Evitare la noia e cercare sollecitazioni emotive possono accompagnarsi ad uno o più degli altri approcci qui di seguito discussi.

Aspettarsi un arricchimento personale, un cambiamento: la catarsi, o l'esperienza di sensazioni negative, rimanda al fatto che provare dolore e sofferenza attraverso la mediazione di personaggi ed eventi cinematografici, ad esempio nel dramma e nel melodramma, può anche fornire sensazioni di sollievo mettendo lo spettatore in una posizione per affrontare meglio i propri problemi e le proprie difficoltà.

Concentrarsi sulla trama, sugli eventi, sui personaggi: è forse il livello più immediato di fruizione del prodotto "film", che a sua volta il cinema ha sempre sfruttato per "agganciare" i suoi spettatori e condurli, attraverso opportune svolte narrative e colpi di scena, verso un finale atteso (o inatteso).


Ricercare informazioni: la necessità di reperire informazioni ed elaborarle, attivando così riflessione e discussione, può essere correlata sia ad un uso emotivo (come la ricerca di sensazioni) sia ad un uso cognitivo (come l'evitamento della noia), e può portare a scegliere generi cinematografici come documentari, ma anche film biografici (biopics) e film che mescolano realtà e finzione (docufiction). Le informazioni fornite dal film possono poi essere utilizzate in molti modi diversi, ad esempio da parte di spettatori particolarmente impegnati dal punto di vista politico, sociale, culturale.

"Spremere" significati possibili dal film, dare nuove interpretazioni: al di là della superficie della trama, lo spettatore può chiedersi come interpretare ciò che vede e sente, quali messaggi il film possa o voglia trasmettere - fino all'estremo di "far dire" al film qualche cosa che in realtà potrebbe essere la proiezione, da parte dello spettatore, di sue personali convinzioni, atteggiamenti, valori.

"Appropriarsi" del mondo che ruota attorno al film e condividerlo con altri: può essere un'estensione dell'approccio precedente. Spingendo ancora più in là il proprio ruolo di spettatore attivo (e non di semplice consumatore passivo), è possibile utilizzare tutti gli elementi del film (dalla trama ai personaggi, dalle scenografie alla colonna sonora, fino alle scelte tecniche e stilistiche) per manipolarli, creando nuove configurazioni di questi elementi, "giocando" con essi, anche per produrre nuovi contenuti, da condividere magari in rete con altri. I siti Internet dei fan di un certo film, di un attore, di un regista, di una saga o di un genere cinematografico pullulano, non solo di giudizi e opinioni personali, ma anche di nuovi contenuti multimediali creati sfruttando i materiali di partenza forniti dai film originali.

Dare sfogo alla propria cinefilia: questo è correlato all'approccio precedente, ma può assumere connotati diversi. A seconda delle proprie conoscenze e competenze, uno spettatore può analizzare un film per vari scopi, ad esempio, per fornire un giudizio critico più o meno motivato (alla ricerca magari di caratteri come l'originalità o l'autenticià), per collegare il film ad altri precedenti o ad altri film dello stesso regista, per inserirlo in una tendenza, una scuola di pensiero, o addirittura per collocare il film all'interno della storia del cinema e delle sue evoluzioni.

Apprezzare il film dal punto di vista estetico: può far parte dell'approccio precedente, ma in questo caso l'uso artistico dei film si basa sulla messa a fuoco, in particolare, degli elementi specifici del linguaggio filmico (come la messa in scena, i movimenti della macchina da presa, il montaggio, l'uso del colore o del suono) che producono il risultato finale.

Utilizzare l'esperienza del film per il suo valore
sociale: come abbiamo già visto, l'esperienza della visione condivisa promuove il senso di affiliazione, che soddisfa la necessità di relazionarsi con gli altri, di condividere esperienze e, in generale, offre opportunità di esperienze interpersonali, come guardare film con gli amici, discuterne e far parte dei social network. Si noti che il motivo dell'affiliazione non si riferisce solo ai contatti con altre persone, ma anche con i personaggi di un film, sollevando così questioni importanti come l'identificazione con i personaggi (e le attrici/attori che li interpretano).

Gli esempi che seguono tendono a mettere in luce come uno spettatore possa essere motivato contemporaneamente da più approcci, utilizzando così l'input fornito da un film per più usi, anche diversi tra loro. E naturalmente, come abbiamo già sottolineato, lo stesso film può essere sfruttato in modi molto differenti da diversi spettatori.

4. Esempi dei molteplici livelli a cui può essere "letto" lo stesso film

 
La finestra sul cortile/Rear window (Alfred Hitchcock, USA 1954)

Un film come La finestra sul cortile può essere scelto ed utilizzato, innanzitutto, per soddisfare quella ricerca di sensazioni (come la suspense) di solito garantita dal genere thriller. In questo senso lo spettatore può concentrarsi essenzialmente sulla trama, sui personaggi, sui colpi di scena, seguendo così quell'itinerario di coinvolgimento emotivo che un maestro come Hitchcock sapeva mirabilmente manipolare. Ma il film può soddisfare anche le aspettative di chi sa di poter contare su un film di Hitchcock (avendone visti altri in precedenza) per ottenere una soddisfazione "garantita" dal nome; nella stessa direzione, il film può attirare per la prestazione di alcune famose "stelle" di Hollywood come James Stewart e Grace Kelly. Andando un po' più a fondo, uno spettatore appassionato di thriller può collegare questo particolare film ad altri dello stesso regista o dello stesso genere, istituendo più o meno consapevolmente dei collegamenti con le sue precedenti esperienze di visione. Altri spettatori ancora possono concentrarsi sugli aspetti stilistici e formali del film, prestando particolare attenzione ai modi magistrali in cui, ad esempio, la macchina da presa si muove dall'interno dell'appartamento in cui è confinato il protagonista verso l'esterno, con un movimento circolare che abbraccia tutti gli altri appartamenti che si affacciano sul cortile. Qualcuno, infine, potrebbe soffermarsi sul valore simbolico dello sguardo che il protagonista, anche per il tramite di un teleobiettivo, porta sui suoi vicini, con un coinvolgimento dello spettatore in questa attività "da voyeur" ... fino a fare considerazioni ancora più astratte sul ruolo che lo "sguardo" di un personaggio (e/o della macchina da presa e/o dello spettatore) gioca nel produrre e nel fruire di un film, anche nel corso della storia del cinema. Come si vede, è possibile utilizzare lo stesso film per gli usi più diversi, da quelli più superficiali a quelli più "teorici" e astratti, da parte di pubblici che comprendono, ad un estremo, spettatori interessati solo o principalmente a godersi un "bel" film di suspense, e all'altro estremo, spettatori che sanno e vogliono porsi criticamente, da cinefili incalliti, nei confronti di ciò che il film può offrire.

 
Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, USA 1979)

Chi ama i film di guerra può sicuramente scegliere un film come Apocalypse Now e godersi lo spettacolo associato a questo genere di film - e non resterà deluso. Ma altre aspettative potrebbero essere legate al nome del regista, di cui uno spettatore può aver apprezzato sia i film precedenti (come Il padrino e Il padrino - Parte II) che quelli successivi, anche appartenenti a generi diversi (come, tra gli altri, Cotton Club, Peggy Sue si è sposata o Dracula di Bram Stoker). Anche gli interpreti possono essere una fonte di attrazione (per i fan di Marlon Brando in particolare, qui in una delle sue più intense interpretazioni). Trattandosi di un film ambientato durante la guerra nel Vietnam, alcuni spettatori potrebbero collegarlo con altri film sullo stesso argomento che hanno costellato la storia del cinema (spaziando anche tra generi molto diversi, da Berretti verdi con John Wayne a M.A.S.H. di Robert Altman, da Tornando a casa di Hal Ashby a Platoon e Nato il 4 luglio di Oliver Stone a Full Metal Jacket di Stanley Kubrick); chi è interessato ai risvolti storici e politici di questa guerra potrebbe usare questo film (anche) per riflettere sul trauma da essa provocato sulla società americana. Qualche spettatore potrebbe ricordare che il film si ispira ad un racconto (Cuore di tenebra) di Joseph Conrad; altri, scavando ancora più a fondo, potrebbero considerare il valore altamente simbolico della storia narrata, che si pone come riflessione sulla follia della guerra in generale (e sulle correlate follie della droga, della violenza, del sesso), considerando il viaggio lungo il fiume come allegoria di una discesa agli inferi della mente umana. Ma il film si presta altrettanto bene ad essere analizzato ed apprezzato per i suoi valori estetici e formali (ad esempio, la fotografia di Vittorio Storaro, con l'indimenticabile arrivo degli elicotteri sulle note della Cavalcata delle Walkirie di Richard Wagner). I cinefili più agguerriti potrebbero ricordare gli enormi problemi (finanziari, psicologici, e perfino climatici) affrontati da Coppola durante la realizzazione del film, o i vari documentari ad esso dedicati, o le varie versioni approntate dal regista nel corso degli anni, fino ai premi vinti (dagli Oscar alla Palma d'Oro a Cannes).

 
2001: Odissea nello spazio/2001: A space odyssey (Stanley Kubrick, GB 1968)

Anche un film complesso e sfaccettato come 2001: Odissea nello spazio può essere fruito in modi molto diversi a seconda degl spettatori. Come film di fantascienza, è un film sicuramente avvincente e intrigante, e può dunque essere apprezzato pienamente da chi ama questo genere cinematografico. Ma il film ha rivoluzionato il genere anche dal punto di vista formale-stilistico, con un uso molto innovativo, tra l'altro, del montaggio, degli effetti speciali e della colonna sonora. Chi è attento a questo tipi di fattori non si dimenticherà facilmente l'ormai iconica sequenza in cui un osso, lanciato in aria da una scimmia nel prologo, si trasforma quasi magicamente in un'astronave in navigazione nello spazio; oppure la lunga sequenza verso la fine del film, in cui un vertiginoso intrecciarsi di effetti ottici (in un'epoca in cui la grafica computerizzata era ancora ai suoi esordi) accompagna il protagonista oltre i limiti dello spazio e del tempo; o ancora, lo straordinario "balletto cosmico" in cui la stazione spaziale sembra danzare sulle note del Bel Danubio Blu di Strauss ... E gli spettatori più informati sull'evoluzione dei formati cinematografici sapranno apprezzare la potenza della visione in sala con il grande formato 70 mm Superpanavision, all'epoca molto innovativo. Ma anche chi vorrebbe concentrarsi sulla trama, sugli eventi, sui personaggi viene ben presto sollecitato a porsi domande di fronte ad un susseguirsi di situazioni che, dal prologo iniziale ambientato in un'epoca pre-umana, con un salto di quattro milioni anni si sposta in un tempo futuro (il 2001, allora ancora lontano rispetto all'anno di realizzazione del film, il 1968), per finire in un epilogo in cui l'astronauta sopravvissuto alla rivolta del computer di bordo si ritrova in una stanza settecentesca, ormai invecchiato ... per giungere infine a trasformarsi, a mo' di rinascita, in un feto che galleggia sopra l'immagine della Terra ... Inevitabile, dunque, almeno per molti spettatori, passare dal seguire semplicemente gli eventi della trama a chiedersi quali significati possano essere trasmessi da questa "odissea", che sembra concentrare in sè le mille domande che si pone l'uomo nei confronti della vita, del Tempo, dello Spazio e del suo destino nell'Universo: il film, insomma, si presta benissimo a "spremere" i significati che il regista ha voluto trasmettere in modo simbolico o metaforico. Certamente lo spettatore che possiede ulteriori informazioni sul film potrà esercitarsi meglio in questa attribuzione di significati e di valori: ad esempio, non è secondario sapere che il film è molto liberamente ispirato ad alcuni racconti di un famoso scrittore di fantascienza, Arthur C. Clarke; ed anche la conoscenza "cinefila" del mondo di Kubrick e dei suoi film (anteriori e posteriori a 2001) può essere illuminante nell'apprezzare le scelte stilistiche di questo film, che più che alla narrazione di eventi sollecita il pubblico con una rappresentazione eminentemente visiva, tutta giocata sul potere delle immagini. E infine, lo spettatore più avvertito potrà riflettere sulle parole dello stesso Kubrick. che sembrano ben sintetizzare gli approcci diversi che gli spettatori possono adottare nei confronti dello stesso film: "Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio." (Nota 5)


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Note

1. Citato da Genette G. 2014. Epilogue, Seuil, Paris, p.113, e ripreso da Jullier L. 2021. Qu'est-ce qu'un bon film?, Armand Colin, Malakoff, p. 7.

2. Kaganski S. 2003. Les Inrockuptibles, n. 374. Citato in Jullier, op. cit., p. 203.

3. Per un'introduzione alla teoria delle attribuzioni causali, si veda ad esempio su Wikipedia: Teoria dell'attribuzione.

4. Si veda Mariani L. 2025. Le differenze individuali nei pubblici cinematografici, cinemafocus.eu

5. Citato in Il Mereghetti. Dizionario dei film, Baldini & Castoldi, Milano.

 

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